venerdì 22 luglio 2011

BENIGNI, FINALI E SCRITTE SUI MURI...

La fine. E' un concetto che non merita l'articolo determinativo che tanto vanta. Ci sono tanti finali.
Ci sono i finali soggettivi del tipo "per me è andata in un modo, per te in un altro" e ci sono i finali "finisce ora, ma poi facciamo una puntata da 8 minuti per svelare i misteri rimasti irrisolti e magari un film per chiarire alcuni aspetti oscuri della trama".
"Finisce solo una volta, tutto il resto è progresso" è una frase senza senso.
Certo, il progresso c'è e si vede. Ci sono persone -e parlo soprattutto a titolo personale- che hanno iniziato l'università solo per "cacciarsi gli esami", ma lungo la carriera universitaria hanno amato materie e divorato i libri dei loro autori preferiti. L'università mi ha arricchito, su questo non c'è dubbio.
Porterò questa esperienza sempre con me e sicuramente condizionerà il mio avvenire.
Per questo non c'è un finale, poiché tale esperienza non si esaurisce, ma si ridefinisce e accresce la sfera di applicabilità delle proprie conoscenze.
Non esiste una fine. Certo, l'avvenimento o l'esistenza materiale hanno un limite temporale, ma nel ricordo, nell'immanenza, le esperienze possono continuare a vivere. Non muoiono e non finiscono mai. Per questo, ad esempio, Dickens regala emozioni anche dopo la sua morte. Ha lasciato un prodotto nella storia. Lo stesso fanno le esperienze che lasciano un prodotto nella storia personale di ognuno di noi e se siamo bravi, anche in quelle degli altri.

Benigni prenderà la laurea honoris causa. C'è chi pensa: "e si, a lui regalano la laurea e io me la devo sudare" e chi invece: "che bella cosa, un grande prestigio per la nostra università".
Se siete qui per leggere il mio parere, penso che sono dei pensieri rispettabili entrambi.
Non mi dilungherò in elogi sull'attore, regista e sceneggiatore toscano, né vaglierò le obiezioni sulla questione della laurea honoris causa, ma una cosa ve la dico però: è una notizia che mi ha fatto piacere. Qualcosa da dire al vicino d'ombrellone, qualcosa di cui essere testimoni.

Le scritte sui muri a volte dicono "ti amo", altre "torna da me", altre ancora "anche qui oggi siamo giù al pontile a non far niente". Le scritte sui muri sono diverse e innumerevoli.
Alcune attestano un pensiero, altre sono una richiesta, altre invece una semplice asserzione ecc..
Tutte hanno in comune una cosa però: sono un mezzo per comunicare.
Più che per veicolare un concetto, servono piuttosto ad esprimere l'esigenza di comunicare, il bisogno, la necessità.
A volte ci si sente soli. Soli perché pensiamo che nessuno ci capisce o ci ascolti.
Chi scrive sui muri vuole soltanto ascoltato. Si tratta della richiesta del contatto umano che ognuno di noi cerca almeno una volta nella vita. Ascoltateli.

Mi scuso se mi sono dilungato troppo e se a volte il mio tono pare profetico.
Cordiali saluti,
AS

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