Le piccole battaglie de La Grande Guerra
Ebbene sì, miei cari e sparuti lettori: il ddl Gelmini è stato approvato dalla Camera. Certo, voi lo sapete meglio di me, magari qualcuno di voi è andato a bloccare la SA-RC (non che ce ne fosse bisogno, l’autostrada fa già fatica da sé...), o ad occupare Rettorato, Aula Magna e qualche mensa. Sapete bene che con parole come “risparmio” e “meritocrazia” MaryStar ha nascosto dei tagli indiscriminati e senza logica. Ma in realtà il problema non è la spesa, è la cultura.
Dopo secoli di primati intellettuali (senza ampollosa retorica si può dire tranquillamente che l’Italia è stata dall’età antica fino a qualche decennio fa la culla di molti saperi), qualcuno è riuscito a far odiare la cultura a questo paese, alla sua gente. Non chiedetemi di chi sia la colpa, io non lo so; so solo che ormai esiste solo il PIL, sigla che, come ebbe a sottolineare Benigni, potrebbe indicare una “cosa escrementizia”.
Erano questi i termini con cui ieri sera il direttore de “Il Giornale” Alessandro Sallusti, oscpite ad “Exit” analizzava la riforma Gelmini, testuali parole: “Quanto vuoi che producano in termini di PIL i laureati in Storia Moderna?” E poi l’immancabile stoccata verso di noi: “O quanto lavoro pensano di trovare tutti questi laureati in Scienze della Comunicazione?” Già, esiste solo il PIL.
Strana coincidenza che proprio in questi giorni sia morto il regista Mario Monicelli, lui che ultimamente combatté, finché gli fu fisicamente possibile, per la cultura. Incontrando, poco tempo fa, gli studenti della scuola di cinema “Roberto Rossellini” (unica scuola pubblica del genere in Italia) ebbe a dire questo: “Spingere con la forza e non tacere. Dovete usare la vostra forza per sovvertire, protestare. Fatelo voi che siete giovani. Io non ho più l’età. L’Italia è conosciuta all’estero solo per la sua cultura. Siamo un Paese che ha avuto solo una forte collocazione culturale. Ed è proprio questa, l’unica cosa che ci viene da tutti riconosciuta all’estero, che si vuole oggi combattere.” La Grande Guerra per la cultura passa anche da queste piccole battaglie.
Bene, sarà anche vero che un artista del DAMS non muoverà l’economia come se fosse un grande ingegnere, o che un laureato in Comunicazione non sposterà capitali come un capitano d’industria, che con la cultura non si mangia, eccetera eccetera. Ma io so per certo che è la cultura di ciascun individuo a formarlo, e che la cultura della popolazione generale forma una collettività. Se io sono capace di non cadere nelle facili promesse di un politico affarista è anche perché ho studiato Weber e Pareto, non Torricelli o Newton; se riesco a capire che un TG mi nasconde o peggio ancora ribalta una notizia, lo so perché studio Retorica e Teoria dell’Argomentazione, non fisica o chimica; se voglio interessarmi della Cosa Pubblica, lo posso fare con cognizione e meglio di altri perché conosco Marx, Popper, Tocqueville o Simmel.
Perdonatemi, ma sentivo la necessità di sfogarmi, di affermare delle cose che sento in me ben radicate e che credo essere vere, ma di cui nessuno nei media (guarda caso...) sente il bisogno di parlare. La mia cultura non mi farà mangiare né farà crescere il PIL, è vero, ma se esistesse ancora un livello culturale accettabile in questo paese, forse alcuni problemi socio-culturali non sarebbero così grandi.
Bravo Mario. Avrei voluto fare ironia, raccontando che io ho occupato l'ascensore del Cubo 18, ma evito. La situazione è seria.
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