giovedì 30 giugno 2011

STORIE DI TUTTI I GIORNI…




Era quasi buio in quel dell’Unical. I riflettori si erano accesi, la navetta scendeva sempre più faticosamente e lemme lemme lasciava il passo a macchine e ad autobus a fisarmonica.
Il protagonista (come Sciascia insegna mai dare nomi per affezionarci al personaggio) non aveva fretta. Faceva un esame ogni 3, con la media del 25 standard. Era, quasi, ben voluto, quattro giorni a settimana lo vedevi a prendere un caffè e a scambiare due chiacchiere con quelli del cubo di fronte.
Aveva un suo perché, insomma. Quel pomeriggio pensò bene di voler fare una ricerca, anzi doveva intervistare qualcuno. Così, giusto per mania. Vantava illustri precedenti nel mondo della comunicazione, in quanto intervenne tre anni prima al programma “Tanti auguri a chi tanti amanti ha” facendo la figura del cretino che non sa usare il telefono.
Era un predestinato, dunque. Si mise appoggiato sulla bacheca, gli sponsor non mancavano e partì la sua caccia. Aveva un complice più cretino di lui, un muto con la telecamera, con il treppiedi che bloccava l’ascensore dei professori.
Passavano tutti di fretta. Mise il microfono quasi in bocca a un tipetto “strano” che replicò subito:”Mi lasci in pace lei!” e fece tre piani di scala di fretta perché era, per la prima volta, forse, in vita sua in ritardo ad una lezione.
Il protagonista non si scoraggiò. Vide un altro ragazzo ma ebbe un flashback di una sua caduta alla Berlusconi in un’aula di storia. Chiuse gli occhi: sparì il miraggio.
Passò, poi, un culone di Frosinone che suggerì di intervistare il guardalinee onde evitare scarogna di tutti i colori. Poi andò a investire una mucca pazza, perché il diritto alla transumanza è sacro. Migrò la vacca e migrarono Benhabib e il suo amante segreto, che arrivò in punta di piedi, sempre più alto (n’culu a illu…).
La carrellata di personaggi non finìi qua: l’uomo con il cappello fece un mix, mentre un altro giustificò tutti con un suo bel “Vabbò” e via lungo andare. Il protagonista voleva intervistare la platea di silenziosi, le comparse pagate forse per stare lì, quelli privi di domande e curiosità. Trovò un miracolo per terra, nel frattempo, il santo si era trasformato in mago e girava con la maglia della nazionale.
All’improvviso sbucò una figura oscura, malsana dall’odore e dalla mente. Prese la pistola e sparò d’acchito, poi mise il microfono in tasca e fischiò all’operatore di staccare. Lo scoop era fatto, ora bisognava confessarsi da Don Gaetano.

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