sabato 26 febbraio 2011

QUALCOSA DI CARINO PER TORNARE A CASA

Si vede che è periodo d'esami. Mario studia, Maneggio pure, V altrettanto. Appunti da pubblicare non ce ne stanno, tanto meno foto. I miei dipendenti sono in letargo e allora tocca al direttore scrivere qualcosa dopo tanto tempo.
La studentessa universitaria di Cristicchi, triste e solitaria nella sua stanzetta umida cercava di prendere un bel 30 per sentirsi più felice e per noi è praticamente la stessa cosa.
L'esame non è un modo per esaminare le proprie conoscenze, per constatare a che livello si è arrivati e se si ha proprietà della materia, ma solo qualcosa di carino da portare con sè nel rientro a casa.
Si lotta per l'universale e non per il particolare, cioè quella media da mantenere ad ogni costo, infatti ci sono certi che hanno 29 e 30 perché ripetono in continuazione l'esame solo per ottenere quei voti, si combatte per quel souvenir da collezionare nel libretto (paragonabile alla collezione di francobolli e figurine panini), si studia per il voto e non per l'esame.
Tempo fa, parlando con un mio collega avevo individuato tre tipi di studiosi:
1) i secchioni: quelli che studiano, studiano e studiano, ma non interpretano soggettivamente il testo appreso. Sanno ripeterti ogni concetto particolare.
2)gli stanislavskijani: cioè quelli che, quello che studiano, lo soggettivizzano. Sanno tutto in generale, ma interpretano il particolare.
3)i malcapitati: preparano un esame studiando il generale e dopo l'esame si scordano tutto.
Non sta a me giudicare certo, era solo una tripartizione amatoriale, non sono certo Peirce, ma per tutti i tipi, secondo me l'esame è fondamentalmente qualcosa di carino da portare con sè per il ritorno a casa. Per rendere la lunga via del ritorno più dolce.

Così parlò Bar18C

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