venerdì 11 marzo 2011

TABULA RASA

Alcuni vorrebbero una "medicina", una cura, altri tentano di debellarla a suon di libri, altri ancora invece la professano come vera conoscenza...cos'è? L'ignoranza.
Mi sono imbattuto in questi pensieri l'altra volta nel pullman per Cosenza, dove un'autista razzista si lamentava che la scienza avesse partorito numerose medicine, ma non quella per l'ignoranza. A parere dell'autista, la rovina dei suoi passeggeri.
Ora non mi voglio soffermare sul fatto che l'autista mi ricordava un bue che dice cornuto all'asino, non voglio uscire fuori tema.
I miei pensieri sono continuati durante l'intervista a Paolo Rossi di ieri sera, durante il programma televisivo "Parla con me".
Il cabarettista sosteneva che l'ignoranza è il male del nostro paese e che ci vorrebbe uno "stato di polizia" che pratica la detenzione in campi di concentramento degli ignoranti e li costringe a leggere, ascoltare Vivaldi come in Arancia Meccanica e guardare film e serie TV d'autore.
Mi sono trovato a condividere l'utopia del maestro Rossi, ma poi stanotte mi è venuto in mente il caro Socrate (che qui è stato tanto idealizzato) che celebrava l'ignoranza come vera conoscenza. Per Socrate, capire d'ignorare (poiché non si potrà mai conoscere tutto, non ci si potrà mai eguagliare a Dio) è sintomo di essere colti e dotti.
Dunque ora, in testa, ho solo confusione. Non riesco a capire più qual'è la visione giusta o sbagliata, sembrano entrambe, ma a volte nessuna delle due.
Passo il tempo a leggere per acculturarmi, ma poi mi viene da pensare che nell'ignoranza si è naturalmente felici, poiché non ti preoccupi di quello che ti manca o ti può mancare.
Così, la mia diventa una corsa sfrenata a leggere e leggere che non potrà mai essere soddisfatta, poiché non potrò mai leggere ogni libro che sarà scritto.
Dovrei vivere oltre l'uomo per poterlo fare e anche se fosse possibile, se un giorno riuscirei a diventare il custode della Biblioteca di Babele, sarei solo.
Ed è così che ci si sente quando si sa di sapere, ma d'ignorare altro. Dunque, la mia situazione non sarebbe diversa. Quindi non è meglio una tabula rasa totale?
Ricordo quando in "Matrix" Morpheus offriva al protagonista due pillole. Quella blu serviva per dimenticare il loro incontro e tornare alla vita normale, quella rossa invece, per svegliarsi in quello stato dove l'umano è il sostentamento delle macchine.
E se Matrix avesse scelto la pillola blu? Non sarebbe stato più felice? Non si sarebbe evitato dolore, morte e distruzione? La tabula rasa non l'avrebbe forse salvato?
A voi l'ardua sentenza, io vi lascio col video dell'intervista di ieri di Paolo Rossi a "Parla con me".

Così parlò Bar18c



Nessun commento:

Posta un commento