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Potrei parlare del prossimo inizio dei corsi, ma lascio al Bar l’incombenza. Oggi parlo in toni fin troppo seri di qualcos’altro.
“Siamo Padani, abbiamo un sogno nel cuore: bruciare il tricolore!”. “Il Movimento politico denominato ‘Lega Nord – per l’indipendenza della Padania’ […] ha per finalità il conseguimento dell’indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica Federale indipendente e sovrana”. Quello che vedete in foto è un pupazzo di Garibaldi bruciato a Vicenza che lo definisce “eroe degli immondi”. Tutto questo avviene alla soglia dello storico traguardo dei centocinquanta anni di Unità Nazionale.
Avete seguito in convegno che si è svolto ieri in Aula Magna? No? Beh, si poteva vedere anche da casa attraverso lo streaming web. Dibattito lunghetto, a tratti un po’ noioso, ma che nelle ultime battute s’è riscattato grazie al Presidente del Comitato per le Celebrazioni del Centocinquantenario Giuliano Amato.
Amato ha usato spesso la parola “futuro”: strano, le celebrazioni mirano a glorificare il passato, e l’uso di questo termine a prima vista sembra stridere con l’atmosfera commemorativa. E invece no, perché si celebra l’Unità d’Italia e ciò che davvero unisce non è il passato, ma il futuro. Come ha sottolineato lo stesso Amato, quello che riuscì ad unire i giovani che costruirono quell’Italia non era il loro passato, fatto di radici culturali a volte diversissime, ma la prospettiva di un unico futuro, la possibilità di costruire un avvenire che li vedesse insieme. Oggi invece, spesso si smarrisce l’interesse verso il futuro, la volontà di migliorare le possibilità delle generazioni che ci seguiranno.
E quando si perde il futuro, quando si smarrisce il pensiero di un comune avvenire, allora si è persi, e si frantuma anche il passato. Giuliano Amato: “Ma voi credete che ci sia bisogno di ricercare i propri antenati nei celti e nei gaelici se ci fosse la prospettiva di costruire uniti? Quando emergono passati diversi è perché si pensa a futuri diversi […] Forse l’Italia che si costruì centocinquanta anni fa non fu la migliore, ma forse fu l’unica possibile”. Ancora oggi, di certo non siamo il miglior paese del mondo, ma non possiamo cambiare il fatto che qui siamo nati, che noi vi apparteniamo; a nulla serve disconoscersi o vergognarsi di essere italiani, nulla cambierà il fatto che lo siamo. Allora, vogliamo un po’ di bene al nostro Paese, che ne ha bisogno.
Lo so, sono scivolato nel retorico diventando quasi ridicolo e stucchevole, ma non me ne frega.
“Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò.”
Mario Ia5
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RispondiEliminaciao, ti leggo per la prima volta ma volevo dirti due cose:
RispondiElimina1) studio filologia moderna e non sai come invidio voi di comunicazione e dams per l'apertura mentale,da noi sono tutte mummie,secchioni e lecchini; il cubo 28 è un santuario grigio e deprimente (ho visto che hai messo anche il profilo di perrelli)
2)se ti va,dai un'occhiata al mio blog che gestisco con un amico,giusto per curiosità.
arazziescazzi.blogspot.com